Questa materia riguarda la responsabilità professionale medica nella rilevanza che può assumere nel diritto civile. Laddove sia possibile individuare una colpa nell’operato dei sanitari sarà possibile invocare il diritto al risarcimento del danno.
Per quanto concerne la valutazione tecnica essa è demandata ad un esperto in medicina legale affiancato da un medico specialista (cardiologo, ginecologo, ortopedico, ecc…) che saprà individuare se, nel caso prospettato, sia riscontrabile una negligenza, imprudenza o imperizia da parte del personale sanitario.
Tale valutazione è molto delicata perché dobbiamo considerare che la medicina non è una scienza in cui si possa parlare in termini di certezza o di infallibilità. Quindi è evidente che vi sono casi in cui, pur in presenza di un esito infausto (sia che esso consista nel peggioramento di una situazione clinica precedente, sia nel fallimento dello scopo dell’intervento), il comportamento del medico non può essere censurato. Tale ipotesi si può verificare ad esempio quando è dimostrato che il sanitario si è attenuto alle linee guida o se è intervenuto caso fortuito o forza maggiore. Ai consulenti medici è inoltre demandato il compito di quantificare il danno subito.
Quando sarà accertato che si possa effettivamente parlare di un caso di ‘malasanità’ si provvederà innanzitutto a richiedere il risarcimento alla struttura sanitaria, pubblica o privata dove è stato eseguito l’esame o l’intervento. Ove questo tentativo dovesse fallire si potrà individuare la strategia processuale più idonea tra l’accertamento tecnico preventivo (con una procedura più ‘snella’) o la causa vera e propria.
In questo settore ho già trattato, tra gli altri, casi relativi a parti con conseguenti lesioni al neonato, fallimento di interventi di sterilizzazione, infezioni nosocomiali, danni iatrogeni, omesso consenso informato, danni causati da interventi di chirurgia plastica, perdita di chance.